domenica 17 marzo 2013

Oggi, studiando per la materia storia dell'arte il gruppo artistico ottocentesco austriaco "Die Brücke", ho notato con interesse che questo gruppo seguiva la filosofia di Nietzsche. Die Brücke voleva porsi come l'ideale ponte tra vecchio e nuovo, contrapponendo all'ottocento realista e impressionista un novecento violentemente espressionista e antinaturalista. Il nome stesso è di evidente derivazione nietzchiana. "l'uomo è una fune tesa tra la bestia e l'Uomo Nuovo", scriveva il grande pensatore tedesco, "una fune sopra un abisso. La grandezza dell'uomo sta nell'essere un ponte, non un fine".

venerdì 15 marzo 2013

                   COLLEGAMENTO TRA SCHOPENHAUER E MATRIX




Per Schopenhauer ciò che noi vediamo e sentiamo abitualmente, il mondo della nostra esperienza sensibile, non è altro che una nostra rappresentazione, una rappresentazione illusoria, un'apparenza (un fenomeno). In maniera più radicale: per Schopenhauer il mondo sensibile, in quanto rappresentazione, nasconde l'essenza vera del mondo. In quanto "nasconde", il mondo sensibile non è altro che il velo di Maya. In Matrix il mondo abituale, quotidiano, il mondo vissuto da Neo,il protagonista della storia, non è altro che un'illusione. 

                KIERKEGAARD - IL SINGOLO

Secondo Kierkegaard la vera realtà è il singolo, non l'universale. Di qui lo scontro con la filosofia hegeliana che riferiva il reale, in quanto razionale, all'universale. Hegel, ricordiamolo, concepisce la singolarità come un'astrazione, che deriva dall'isolare qualcosa dal tutto in cui solo è reale. Per Hegel la realtà è etica e religiosa perché afferma l'universale, non l'individuale. Al contrario Kierkegaard difende la categoria del singolo
come la categoria etico-religiosa per eccellenza. Egli voleva che sulla sua tomba si scrivesse: Quel singolo.  Per capire ciò però occorre risalire alla tradizione religiosa del protestantesimo, che in maniera drammatica egli cercò di vivere autenticamente.
 La categoria del singolo pone la questione della realtà, e della verità, in maniera del tutto differente da quella hegeliana. La realtà per Hegel corrisponde alla necessità, in quanto dal punto di vista del reale e del vero qualcosa è come deve essere. La coincidenza di realtà e di razionalità significa che il farsi del reale nella storia è determinato dalla razionalità. Invece per Kierkegaard il reale ha un percorso diverso, è una possibilità di esistenza. Egli pone la possibilità come categoria dell'esistenza del singolo. L’infinito per lui è la
possibilità (mentre Hegel aveva concepito l’infinito, a cui il singolo è relazionato, come necessità). Ciò significa che nessuno è già fin dall'inizio ciò che dovrà essere, anzi ognuno si trova a dover decidere che cosa essere. La possibilità è la vera condizione dell'esistenza. Questo significa che tutto dipende dalla nostra libertà iniziale. Siamo noi a decidere cosa essere, passando da una libertà indeterminata a una determinazione.
Questa condizione del singolo verrà poi dalla filosofia di Heidegger, nel XX secolo, espressa nell'affermazione che l'essenza (ciò che uno è) non precede idealmente l'esistenza (l'essere effettivo), ma è vero il contrario: ciò che siamo dipende dalla nostra decisione, da come ci determiniamo. Questa sarà in sostanza la visione dell'Esistenzialismo.
Di qui il punto centrale per Kierkegaard: l'uomo è ciò che sceglie di essere.
Una volta che si è trovato se stessi, bisogna essere in grado, di tanto in tanto, di perdersi... e poi di ritrovarsi.
-- Friedrich Wilhelm Nietzsche